Siamo giunti ad un punto di svolta della stagione invernale. Calendario alla mano, ci troviamo già a oltre metà dell’inverno e oggi è il giorno della Candelora: “Se c’è sole alla Candelora, dell’inverno semo fòra; ma se piove o tira vento, de l’inverno semo dentro” – recita uno dei proverbi (del settentrione d’Italia) più famosi di questa giornata, contraddetto, tuttavia, dal proverbio nostrano, che recita: “Acquànne chjòve a Canelore, a vernôt i ffore” (quando piove nel giorno della Candelora, l’inverno è finito).
Nessuna chiara indicazione ci riviene, pertanto, dai detti popolari giacché, nella prima ipotesi – dato il tempo soleggiato di oggi – saremmo fuori dall’inverno, mentre, secondo il proverbio scritto in dialetto castellanese dovremmo dedurre tutto il contrario poiché, non essendoci pioggia, l’inverno non dovrebbe affatto essere finito.
Concordanza o meno tra i due proverbi, è chiaro che scienza e detti popolari non possano ritrovarsi sullo stesso piano, così come la stessa scienza mai riuscirà a garantirci l’esattezza di una previsione, specie se si tratta di indicazioni di tipo stagionale, ossia a lunghissima scadenza.
Quel che appare certo, invece, è che da oggi entriamo in una lunga (o forse lunghissima) fase di tempo di stampo anticiclonico dalla quale, a breve, scopriremo una verità non proprio confortante: la crisi dell’Inverno.
A molti farà piacere sapere che non farà freddo e non pioverà per almeno dieci o quindici giorni, ma le conseguenze della persistenza del campo anticiclonico (che presto vedremo con i nostri stessi occhi quando, oltre alle mimose fiorite, scopriremo anche le prime, premature, fioriture dei mandorli) non risulteranno altrettanto positive per il ciclo vegetativo naturale, specie, se poi – come spesso accade – l’inverno dovesse ridestarsi fuori tempo massimo.
Pertanto, come già fu anticipato in questa sede quindici giorni fa (vedi articolo) quando si paventò che sarebbe stato sempre più difficile sperare in ulteriori occasioni per un radicale cambio di passo della stagione nel caso in cui non fosse andata a segno l’irruzione fredda dell’inizio della terza decade di gennaio, siamo di fronte ad un conclamato blocco dei nastri di distribuzione del freddo verso la bassa Europa, da cui non si sa onestamente: a) se ne usciremo con un graduale e naturale passaggio alla primavera (ipotesi molto ottimistica, ma molto poco probabile); b) se ne usciremo tardi, o peggio tardissimo, e con pesanti conseguenze per l’agricoltura (ipotesi più realistica, considerata l’esperienza degli anni passati in situazioni similari a quella odierna).
Ad ogni modo, se escludiamo:
a) il vento forte, che spirerà fino a domani sera e che almeno come percezione di freddo potrà restituirci l’idea dell’inverno per altre 24/36 ore;
b) qualche annuvolamento tra giovedì e venerdì, che renderà meno evidente il blocco dell’inverno per la continua presenza del sole;
c) il mantenimento di temperature comunque abbastanza basse, almeno durante le ore notturne e del primissimo mattino;
per il resto noteremo, specie dalla prossima settimana, un notevole arretramento della stagione invernale a favore di un’incombente ed anticipataria primavera, che potrebbe persino rifilarci i primi 20 gradi dell’anno senza troppa difficoltà. Sarebbe uno sfacelo stagionale a tutto tondo.