Siamo nel cuore dell’inverno, stiamo per raggiungere la fase clou della stagione fredda, almeno secondo le statistiche. Tuttavia, al contrario di quel che ci si aspetterebbe, non sembra al momento che l’inverno sia realmente intenzionato a salire in cattedra.
Di sicuro non lo farà durante questi tre «Giorni della merla» (29-31 gennaio), assolutamente contrassegnati da un regime anticiclonico teso a garantire prosecuzione della stabilità atmosferica e temperature, almeno di giorno, gradevoli. Qualcosa accadrà invece durante il passaggio perturbato del 2-3 febbraio, sebbene al momento sembra che, bene che vada, il tutto debba risolversi solo con un rapido passaggio nuvoloso, qualche rovescio di pioggia ed un corposo, ma transitorio, raffreddamento; mentre qualcosa di diverso e più significativo in tal senso potrebbe capitare in seguito, ma – stanti queste performance modellistiche – è del tutto vano anche solo prendere in considerazione le linee di tendenza che emergono a più di dieci giorni di scadenza previsionale.
Alla base dell’incapacità del General Inverno di agire in maniera convincente sul comparto meridionale europeo vi è più di una causa, ma la principale fra queste è di sicuro lo strapotere del Vortice Polare e delle correnti zonali atlantiche. Difatti, l’assenza di un blocco perentorio e duraturo del flusso atlantico, dovuto appunto all’irruenza delle correnti che gravitano attorno alla ruota depressionaria facente capo al Vortice Polare troposferico, impedisce di fatto alle ondulazioni cicloniche di risultare efficaci nel trasporto di masse d’aria fredda in direzione della nostra penisola. Se a ciò si aggiunge l’oggettiva (leggasi climatologica) difficoltà di configurazione delle condizioni che determinano le migliori occasioni per freddo e neve dalle nostre parti (vedi corridoio d’aria fredda di matrice artico-siberiana sorretto da un ponte anticiclonico ben strutturato che permetta l’intrusione netta e massiccia di aria fredda da nord-est o da est, magari supportata anche dalla formazione al suolo di un minimo depressionario ionico o ellenico), allora diviene più comprensibile l’oggettiva difficoltà di composizione per il nostro settore di quel puzzle perfetto che conduca ad un “Inverno coi fiocchi”.
Ciò comunque non toglie che, come molte carte anche oggi delineano, più in là (in modo particolare dopo il 7 febbraio), questa rara e particolare configurazione barica possa finalmente avere la possibilità di prendere forma e di dare concretezza, almeno in extremis, alle potenzialità, finora rimaste inespresse o solo vagheggiate dalle carte meteorologiche a lungo termine, di un inverno sin qui solo apparente.