Non è di certo una rarità che, proprio in coincidenza dei cambi stagionali astronomici, le reali condizioni meteo seguano una strada diversa rispetto a quella imposta dai Solstizi o dagli Equinozi.
Non farà eccezione neppure quest’anno. Dopo vani e mai realmente credibili tentativi da parte dei modelli matematici di alimentare la speranza di un bianco Natale, ormai da qualche giorno ciascuno di essi, ripetutamente, inequivocabilmente e senza margini di errore, sentenzia: «Alta pressione a Natale».
A dirla tutta, proprio i giorni principali delle festività natalizie (24-26 dicembre) coincideranno per noi con la fase di massima espansione di un’onda anticiclonica atlantica, che regalerà tanto sole e determinerà, almeno rispetto a questi ultimi giorni, la netta sensazione di essere ancora lontani dal vero inverno.
I 13/14°C di massima che si raggiungeranno in quei giorni, sebbene risulteranno compensati dalla permanenza del freddo notturno (forte escursione termica per irraggiamento), saranno l’evidente segnale di una delle più classiche scaldate, che statisticamente intervengono nella terza decade del mese di dicembre per effetto del compattamento del Vortice Polare e di una decisa ripresa del flusso occidentale alle medio/basse latitudini europee.
Certo va sottolineato come quest’anno, al contrario degli altri classici periodi natalizi, quel compattamento del Vortice Polare alle alte latitudini dell’emisfero boreale non appare poi così tanto strutturato e potenzialmente duraturo. Difatti, esistono diverse analisi che intravedono la grande ruota depressionaria a carattere freddo del Circolo Polare Artico molto più vulnerabile degli anni passati e forse in procinto di essere infilzata da calde correnti del Pacifico in grado di destrutturarne rapidamente la sua apparente solidità. Senza girarci troppo intorno, se queste ipotesi dovessero trovare conforto nelle prossime elaborazioni modellistiche, ciò significherebbe che quell’unico grande lobo freddo che governa le alte latitudini del nostro emisfero potrebbe iniziare a vacillare e a scompattarsi o, quanto meno, ad ondulare vistosamente, generando saccature a carattere freddo in grado di raggiungere nuovamente le basse latitudini europee.
Se poi si registrasse addirittura il cosiddetto “split” del Vortice Polare, ossia la netta separazione dello stesso in due o tre lobi, ciò metterebbe in risalto la possibilità di avere più centri di azione a carattere freddo, che si staccherebbero dalla cellula madre e si aggirerebbero nel nostro emisfero, come mine vaganti pronte a far esplodere l’inverno più vero sulle aree direttamente raggiunte dalla loro influenza.
È ovviamente prematuro adesso trarne delle conseguenze in termini previsionali, ma va da sé che ciò che ora sembrerà allontanarci paradossalmente dalla neonata stagione invernale, già entro fine anno potrebbe nuovamente spingerci dentro.