Si concluderà presumibilmente proprio a Pasqua il “ciclo” meteorologico, iniziato sostanzialmente da fine gennaio, che ha visto l’Italia al centro di prevalenti anomalie pressorie positive (leggasi predominio degli anticicloni), con conseguenti pesanti anomalie anche in termini di pluviometria. Febbraio e marzo hanno evidenziato dei fortissimi scarti pluviometrici negativi (circa il 50% di piovosità in meno per febbraio e addirittura quasi il 70% in meno della media per marzo), ed anche aprile, almeno si qui, sta facendo registrare valori non distanti da quelli del mese precedente (ad oggi il trend negativo viaggia attorno al 68%).
È facile ipotizzare un’inversione di tendenza, non solo nell’ottica della logica della “compensazione”, ma ora anche – “carte” alla mano – scrutando ciò che i modelli matematici iniziano a delineare con maggiore chiarezza.
Difatti, quello che si scorge da qualche giorno, e da oggi con maggiore evidenza, non è tanto l’avvento di una fase contraria rispetto a quella sin qui vissuta, cioè dell’instaurazione di anomalie pressorie negative, quanto un forte aumento della “meridianizzazione” dei flussi. In parole povere, sembra sia giunto il tempo, tipico di questa stagione intermedia, benché tardivo rispetto alle statistiche, di ripristinare l’equilibrio. Ciò, paradossalmente, si ottiene mediante forti scompensi, che si generano attraverso l’incursione di correnti fredde polari verso sud e l’invasione di correnti anche molto calde dalle zone subtropicali verso nord.
Proprio lo scambio tra masse d’aria così diverse alla fine produrrà i nuovi equilibri stagionali e, al tempo debito permetterà anche all’estate di fare il suo definitivo avvento sulla scena europea. Prima, tuttavia, tutto questo trambusto atmosferico si tradurrà in accesi contrasti termici, estrema variabilità, accentuazione della fenomenologia e probabilmente nell’inversione anche del ciclo pluviometrico, con un periodo (bisogna comprendere ancora quanto lungo) di precipitazioni più frequenti ed intense, e perciò maggiori della media del periodo. Qualora questo trend risultasse poi spinto alla sua massima potenza, sarebbero da mettere in conto, considerata peraltro l’avanzata della stagione calda, anche fenomeni potenzialmente pericolosi o dannosi, specie se la fenomenologia dovesse presentarsi non estesa e perdurante (come spesso accade nell’altra stagione intermedia, l’autunno) ma concentrata nel tempo e nello spazio (localizzazione di manifestazioni temporalesche di forte entità), come invece spesso accade in primavera.
Una prima forte constatazione sul campo dell’appena descritto «cambiamento di stile» del tempo avverrà subito dopo le feste pasquali ad opera di una tardiva e consistente irruzione d’aria fredda di matrice artico-continentale, che riporterebbe persino la neve sull’Appennino meridionale a quote di medio/alta collina, raggelando gran parte del centro–sud Italia (lato Adriatico) entro il 20 aprile.
Approfondiremo il tema nel corso dei prossimi giorni, sperando che non appaia troppo traumatico il ribaltone meteo che si profila, soprattutto in termini di freddo, considerata l’ormai abbondantemente avviata fase di germinazione delle nostre più tipiche colture arboree.